La grotta si apre nella falesia a Nord del Cozzo della Grotta (m 313). Sulla tavoletta è indicata col simbolo ed il nome; è una delle più grandi caverne del palermitano, ampliata dal mare. La cavità conta in pratica di un solo ambiente con pianta rettangolare, largo circa m 20, lungo circa m 30, alto una decina di metri.
II piano di calpestio è disseminato di grandi blocchi di frana che affondano nella caratteristica terra rossa. Il fenomeno delle grandi frane e l’accumulo di materiale detritico non è stato ancora studiato. Le grandi frane dovrebbero essere state provocate dalle escursioni termiche della glaciazione. Il fenomeno si ripete e si apprezza in tutte le grandi cavità: nelle Grotte della Fossa di Gallo, nelle Grotte dell’Addaura, nella Grotta del Ponte, nell’Antro dell’Arenella, ecc. L’esperienza ci ha insegnato che nella terra rossa l’uomo è assente; sappiamo che in questa terra particolare, non solo per la colorazione ma anche perchè è leggera, polverosa, quasi grassa, vi ritroviamo i resti dell’estinta fauna quatermaria (Elefante, lena, Leone, Cervo, ecc.). Rimane da spiegare pure perché in alcune grotte i depositi sono inzeppati di ossami, come ad esempio nella Grotta di S. Ciro e nella Grotta dei Puntali, ecc. In altre invece si registra la presenza di poche ossa come nella Grotta Perciata, nella grotta della Molara, ecc. Il cavernone di Mazzamuto verso il fondo, a circa quaranta metri dall’ingresso, assume un aspetto imbutiforme per il restringimento delle pareti laterali ed il repentino abbassamento della volta. A circa cinquanta metri le pareti si congiungono, la grotta prosegue con un vecchio condotto carsico a sezione ellittica che si deve raggiungere in arrampicata. Ha pareti particolarmente levigate ed al suo interno, sulla destra, si conserva una piccola breccia probabilmente con elementi dell’estinta fauna quatermaria.
Un’altra piccola breccia molto concrezionata si trova al suola a sinistra dell’ingresso, contiene: qualche osso, frustoli di carbone, un frammento di terracotta ad impatto, schegge di selce. Altra breccia molto interessante, sia per I ‘ampiezza sia per i contenuti, si trova ad una trentina di metri dall’ingresso ed a circa 4 – 5 metri dal piano di calpestio.
E’ un bel lembo di paleosuolo contenenti ossa spaccate di colore biancastro, di cervo e di bovidi, frustoli di carbone, schegge di selce e qualche utensile databile al Paleolitico superiore. Altre brecce sono disseminate in tutta la grotta ad altezze diverse, alcune con terra rossa anche ad un paio di metri dal piano di calpestio. Esse consentono di valutare lo svuotamento del deposito antropozoico della grotta in diverse centinaia di metri cubi; forse si può parlare di un migliaio di metri cubi. Sulla parete destra della cavità. Vicino I’ ingresso ad altezza d’uomo, si trova un piccolo gruppo di graffiti lineare a tratto molto sottile, tipo notoriamente datato al Paleolitico finale. Sulla stessa parete, ad una decina di metri dall’ ingresso ed ad altezza d’ uomo, si osservano tracce di colore nero la cui materia appare identica a quella delle iscrizioni puniche del noto Santuario della Grotta Regina di Monte Gallo. Nella scarpata antistante la grotta tra il terriccio, si osservano schegge di selce e di quarzite che provengono dal deposito interno, vi abbiamo raccolto una piccola ansa a “rocchetto” tipica della cultura di Diana del Neolitico finale (4000-3400 a.C.). Nel Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo si custodisce sia I’ ansa a “rocchetto” sia utensili litici, la maggior parte raccolti da Giosuè Meli nel corso di diversi sondaggi dei quali non ha lasciato documentazione. Si custodiscono pure, forse raccolti ancora dal Meli, un frammento di molare di Elephas mnaidrensis ed una difesa di Elephas falconeri.
Estratto dall’articolo “LE GROTTE DI ALTAVILLA MILICIA (Palermo)” di Giovanni Mannino