Il concentrato di pomodoro, “astrattu”, è un ingrediente fondamentale di molte ricette tradizionali della cucina siciliana. Si aggiunge direttamente alla preparazione dei piatti in fase di cottura ed è possibile diluirlo con dell’acqua. È un prodotto tipico siciliano, ed è stato riconosciuto ufficialmente come prodotto agroalimentare tradizionale (P.A.T) dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).
Più che una ricetta, fare il concentrato di pomodoro in Sicilia, è un arte, una tradizione piena di passione che si tramanda oralmente di famiglia in famiglia. Ricordo che, alla fine di luglio primi di agosto, per i vicoli del quartiere storico del calvario dove sono cresciuto, di buon mattino si cominciava a sentire odore di pomodori. Erano le donne del quartiere, fra le quali mia nonna, che cominciavano la preparazione dell’astrattu. Decenni fa capitava spesso, passando per le vie del paese, di vedere tavole di legno piene di pomodori in essiccazione o cosparse di astrattu in fase di disidratazione. Le tavole di legno venivano sistemate sui muretti vicino alle abitazioni i “ghiutteni”, nelle terrazze “lastrichi” o balconi “finistruna” delle case, l’astrattu adagiato su madie “maiddi” posate sopra dei cavalletti “trispiti” o sopra delle tipiche tavole concave al centro i “scannatura”. Ricordo ancora i movimenti sapienti delle mani di mia nonna e di tutte le signore del vicinato: i pomodori venivano puliti, lavati e lasciati asciugare. Il mattino seguente avveniva la spremitura, il succo ottenuto dalla spremitura veniva disposto, con gesti lenti e sempre uguali, sulle maidde e i scannatura per far sì che il sole cocente e torrido delle estati siciliane poteva asciugarlo; anche il legno assorbirà parte del liquido presente nel succo di pomodoro. Dopo un’ intera mattinata di continuo mescolare “arriminari” e spalmare sulle tavole, da un lato all’altro, il succo di pomodoro ormai divenuto denso e concentrato, nel pomeriggio, si procede finalmente alla raccolta dell’astrattu che veniva disposto in tavole più piccole e lasciato riposare in un luogo fresco, stando attenti che non prendesse l’umidità della notte “l’acquazzina”. L’operazione poteva durare anche due giorni, prima di essere messo dentro dei barattoli “brunnie” di vetro. Erano giorni di festa per tutti, ma la fatica che si faceva nella lavorazione era tanta. Ricordo che in quei giorni, nelle case che facevano l’astrattu, non si cucinava e si mangiava solo pane con olio o con pomodoro e sale “a scrica sali”. Un contesto in cui oggi è difficile immaginare di imbattersi, anche se non è impossibile.