Il 13 dicembre si festeggia Santa Lucia, patrona di Siracusa e protettrice della vista. In Sicilia si passa dalle otto processioni di Siracusa alla tradizione culinaria palermitana, con le famose arancine e la cuccia. Storia e realtà si fondono nel narrare la vicenda di Lucia. Sappiamo sicuramente che visse a cavallo tra III a IV secolo d.C. e che morì durante l’impero di Diocleziano. Come spesso accade, esistono diverse versioni che si snodano tra verità e leggenda. La prima di queste, anche la più attendibile, narra che nacque da ricchi genitori, di nobili origini, intorno al 283. Il padre, di origini romane, morì quando lei aveva appena 5 anni, lasciandola senza un tutore legale, in seguito Lucia avrebbe portato la mamma, malata, al Santuario di Sant’Agata, dove guarì.. qui la santa le appare e gli fa promettere che si deve dedicare alla cura dei poveri. Per questo motivo, Lucia decide di distribuire gran parte delle loro ricchezze ai poveri. Poco dopo la giovane Lucia si rifiutò di sposare un pagano, che la denunciò alle autorità romane. Si narra che subì la minaccia di essere portata in un bordello, qualora non avesse rinunciato a professare la sua fede, al suo rifiuto, neanche 50 uomini riuscirono a spostarla. Tradizione vuole che si sarebbe strappata gli occhi per non cedere alla suppliche del fidanzato. Proprio per questo è considerata e festeggiata come la Santa della Luce. Provarono anche a bruciarla sul posto, ma non ottennero alcun risultato. Lucia continuava a parlare, dicendo che la sua morte non avrebbe spaventato gli altri cristiani, ma avrebbe addolorato i non credenti. Uno dei soldati le infilò una lancia in gola per fermare le parole, ma senza alcun effetto. Santa Lucia morì in seguito, solo dopo avere ricevuto la comunione ma non prima, però, di predire al suo persecutore, Diocleziano, la sua morte e la fine delle persecuzioni dei cristiani. Ciò avviene di fatto dopo poco tempo.
La seconda versione, invece presenta degli elementi fantastici e tipici della fantasia popolare: Lucia regala i suoi occhi ad un ragazzo che se ne era innamorato e glieli aveva chiesti in dono. Gli occhi ricrescono poco dopo e il ragazzo torna a chiederli. A questo punto, Lucia rifiuta la folle richiesta e l’uomo la pugnala al cuore. La celebrazione della festa il 13 dicembre, in un periodo vicino al solstizio d’inverno, probabilmente si deve alla volontà di sostituirla a precedenti riti pagani legati alla celebrazione della luce. Il culto di Santa Lucia presenta inoltre delle somiglianze con il culto di Artemide, l’antica divinità greca venerata a Siracusa nell’isola di Ortigia.
I festeggiamenti più sentiti sono sicuramente a Siracusa, dove iniziano il 9 dicembre con l’apertura della nicchia che custodisce il simulacro della santa e durano 8 giorni, vedendo la partecipazione di decine di migliaia di fedeli. Nel pomeriggio del 13 dicembre, il Simulacro viene portato a spalla dai cosiddetti “berretti verdi” e preceduto dalle Reliquie, portate dai “fazzoletti verdi”. L’ultima processione ha luogo il 20 dicembre.
"Per molti le processioni sono solo spettacoli religiosi, ma si trascura il fatto, che nelle Processioni, si è gioito per la nascita di un figlio, pianto ricordando un nostro caro che non c'è più e trepidato, molte volte, chiedendo una Grazia. Ecco, i credenti no portano in giro statue, portano in giro le vite, con le loro debolezze, con le loro delusioni, con le loro gioie e dolori, ma con una grande certezza, che sotto la guida di Maria dei Santi, attraverso strade larghe, strette, discese, salite e scalinate saremo, un giorno, condotti al suo amato Figlio".
È famoso il detto “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia”, anche se oggi fatichiamo a comprenderne il senso. In realtà, prima dell’introduzione del calendario gregoriano (avvenuta nel 1582), la festa cadeva in prossimità del solstizio d’inverno. Con l’adozione del nuovo calendario le date non coincisero più per una differenza di 10 giorni e oggi a sostenere il detto rimane solo il fatto che il 13 è il giorno dell’anno in cui il sole tramonta prima.
A Palermo la tradizione ritiene Santa Lucia autrice di un miracolo, la fine della carestia del 1646. Si dice infatti che proprio in tale giornata giunse al porto una nave carica di grano. Tanto era affamata la popolazione, che il grano non venne usato per farne farina, ma bollito e condito solo con dell’olio. Fu così che nacque la cuccia. In oltre c’è da dire che in Sicilia, il culto di Santa Lucia si sovrappone in molti casi al culto pagano di Demetra o Cerere, dea del grano: il termine cuccia ha un legame con il greco antico kokkion e kokkìa, “chicchi” o “grani”, si ricollega al puls degli antichi Romani, la farinata di grano che usavano per le loro minestre, ed è uno dei piatti più antichi della tradizione siciliana. Il frumento è sempre stato simbolo di fertilità e abbondanza. Una simbologia che la cuccia sembra portare con sé nel tempo perché era un piatto semplice, povero e, allo stesso tempo, beneaugurante: con spirito di comunità, si distribuiva a familiari, ai parenti, agli amici, ai vicini. In origine, la cuccia era semplice grano intero lessato e condito con olio. Si consumava il giorno dedicato alla Santa, durante il quale si evitava di mangiare pane o altro cibo in segno di devozione alla Santa e pentimento. Come spesso accade nella tradizione culinaria siciliana, ne sono nate poi diverse versioni: con latte, con il vino cotto, con miele, con i legumi, con la ricotta. Si preparano, oltre alla cuccia già citata, le classiche arancine, palle di riso ripiene, che rappresenterebbero gli occhi della Santa, e le panelle.