Nel mese di giugno in particolare tra la così detta “tridicina” di Sant’Antonio, i primi tredici giorni del mese dedicati al Santo, e la festa di San Pietro il 29 giugno, avvenivano le mattanze nella tonnara di Trabia. Le mattanze si verificavano sempre dopo che ci fosse stato il maestrale come sta avvenendo in questi giorni, i Tonnaroti di allora quando vedevano “la ripa a ponente”, le nuvole basse che comparivano da capo zafferano, si “stricavanu i manu”, si strofinavano le mani, perché da lì a poco avrebbero guadagnato soldi con la mattanza. Si diceva che i tonni con il maestrale si “scialavano”, si divertivano, lavandosi la faccia andando contro vento, quindi contro ponente, “ no marusu”, le onde provocate dal maestrale.
La tonnara di Trabia essendo la prima che i tonni incontravano venendo da Cefalù era la più pescosa, in quei giorni era tutto un fermento , si preparavano i “corca” , ganci e arpioni, lunghi e corti, pensate che ogni arpione aveva bastoni lunghi che permettevano a tre o quattro uomini di poter esercitare forza per tirare a bordo i tonni, perché si trattava di tonni grossi che potevano pesare anche oltre 400 kg. Durante la mattanza la voce che si sentiva tuonare era quella del Raìs che dava i comandi e dettava i tempi di tutte le operazioni dall’alto della sua esperienza, quando un tonno veniva arpionato gridava subito “Giralu a panza all’aria” , mettetelo a pancia in su, così il tonno perdeva la forza e diventava meno pericoloso per i tonnaroti.
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Di Agostino Vallelunga.