Tutti hanno sentito parlare di Emanuele Notarbartolo, tuttavia non tutti conoscono la storia di questo personaggio e del motivo per cui è diventato tristemente famoso soprattutto dopo la sua morte, avvenuta il primo Febbraio 1893 per mano di due sicari della mafia, che lo colpirono con 27 coltellate mentre viaggiava sul treno partito da Termini Imerese che lo riportava a Palermo.
1 febbraio del 1893. Lungo la strada ferrata tra Trabia e Altavilla Milicia viene rinvenuto il cadavere di Emanuele Nortarbartolo, sindaco di Palermo dal 1873 al 1876, ex direttore del Banco di Sicilia, senatore del Regno d’Italia. E’ stato ucciso a pugnalate sul vagone di un treno per Palermo. E’ la prima vittima eccellente di un sistema ormai collaudato. Perché gli 11 anni trascorsi tra istruttorie lentissime e processi interminabili riveleranno complicità di ministri, silenzi imbarazzati di questori. Chi è il mandante dell’assassinio Notarbartolo?
A Palermo lo sanno tutti: don Raffaele Palizzolo, deputato. Il caso si configura, infatti, come uno strano giallo. Strano perché all’indomani dell’omicidio perfino la stampa locale fa il nome del parlamentare, che non si cura nemmeno di smentire i suoi accusatori. Mentre le autorità giudiziarie si ostinano a non indagare sull’onorevole. Don Raffaele Palizzolo é uno che nel 1872, a 26 anni, va in giro a cavallo circondato dai suoi bravacci, nel paese di Ciminna. Il giovane consigliere comunale va a raccattare voti: elargisce denaro e promette favori. Comincia la carriera politica nelle file del partito regionista, di tendenze clerico.separatiste. Ma, per convenienza, approda alla sinistra liberale che fa capo a Crispi. Ne diventa il luogotenente a Palermo. Don Raffaele non disdegna banchetti con noti capi.mafia. E, come membro del consiglio di amministrazione del Banco di Sicilia, é responsabile di malversazioni. Comportamenti che contrastano con il rigore del direttore dell’istituto di credito, Emanuele Notarbartolo, che nel 1889 presenta un rapporto di denuncia al ministero. Per tutta risposta, Crispi licenzia Notarbartolo.
Il primo processo sul “delitto del secolo” . come sottolinea con enfasi la stampa nazionale, dedicando intere pagine al fenomeno.mafia . si celebra a Milano, a 7 anni dall’omicidio. Gli imputati sono due ferrovieri. Del mandante, nessuna traccia. Ma in aula l’ammiraglio Leopoldo Notarbartolo, figlio dell’ucciso, esordisce gridando che il responsabile della morte del padre é don Raffaele Palizzolo: “Nessuno ha mai indagato, perché si é temuto di farlo”. E’ una svolta. Udienza dopo udienza, emergono le colpe di Palizzolo, arrestato l’8 dicembre del 1899. Due anni dopo, i giurati di Bologna condannano don Raffaele a 30 anni. Eppure in aula lo aveva difeso Codronchi, un ex ministro: “La mafia costituisce il diritto del più forte… Siamo giusti! Della mafia si servono un pò tutti”. Il verdetto infiamma i siciliani. Nei negozi di Palermo appaiono striscioni neri con la scritta “Lutto cittadino”.
La nobiltà isolana si sente ferita nel proprio orgoglio. La classe dirigente, appoggiata dalla Chiesa locale, é indignata: la condanna di Palizzolo é una condanna della Sicilia. Perché non é vero che Sicilia é uguale a mafia. Bisogna difendersi da “quelli del Nord”: si agita lo spettro del separatismo e il movimento fa paura al governo. Il 27 gennaio del 1903 la Cassazione annulla il dibattimento di Bologna per vizio di forma. Dal nuovo processo di Firenze l’imputato esce assolto per insufficienza di prove il 23 luglio del 1904. Palermo é imbandierata a festa e manifestazioni di giubilo preparano il ritorno trionfale di don Raffaele. La mafia ha vinto.
Articolo di Vito D’Angelo
Consiglio per una buona lettura: “L’assassinio Notarbartolo e le gesta della mafia”